Pasolini si sarebbe schierato apertamente contro l’omologazione

"L’ultimo incompiuto e controverso romanzo del grande scrittore ha un titolo profetico “Petrolio”"

di Marcello Furriolo

Sempre più strana questa guerra!

Soprattutto se consideriamo la caccia al filorusso, che sta imperversando anche in ambienti culturalmente attrezzati come il mondo accademico. Difficile da comprendere, malgrado il tardivo ripensamento dell’Università Bicocca, dopo l’ignobile scivolone del blocco del corso del professor Paolo Nori su Dostoevskij e il tentativo, ancora più ridicolo, di recuperarlo, però a condizione di affiancarlo ad uno scrittore ucraino…Roba da mercatino dell’usato o delle pratiche polverose delle vecchie interpartitiche di paese: uno della maggioranza e uno dell’opposizione.

In questi giorni ci si è interrogati, anche qui con un gioco forzato, con la voglia di attualizzare il pensiero degli uomini che appartengono, senza se e senza ma, al patrimonio culturale dell’umanità, su come avrebbero reagito all’invasione russa dell’Ucraina scrittori come, appunto Dostoevskij o Tolstoj. Ovviamente una pura esercitazione intellettuale, perché entrambi, con i loro capolavori assoluti, hanno manifestato e trasformato in opere d’arte universali la loro fede nella dignità dell’Uomo, nella libertà e nella pace. In epoca non sospetta. Proprio oggi circola su facebook un post poeticamente inequivoco di Fedor Dostoevskij: ” Il cielo era stellato, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva se sotto un cielo così potessero vivere uomini senza pace.”

Cento anni fa nasceva uno degli intellettuali più grandi e discussi del nostro paese, Pier Paolo Pasolini, sulla cui morte assurda e violenta ancora ci si interroga, senza risposte convincenti. Pasolini è stato la coscienza critica del Novecento e il suo pensiero non si è mai uniformato a quello della cultura dominante, pagando per questo prezzi altissimi, anche sul piano personale, fino all’ostracismo e alla morte. Ma anticipando, con coraggio e prefigurazioni visionarie, quelli che sarebbero stati i valori fondanti, le contraddizioni e le criticità dell’attuale società post capitalistica. Ho avuto il privilegio irripetibile e indimenticabile di aver conosciuto Pasolini, proprio qui a Catanzaro e di avergli fatto l’unica intervista calabrese, di cui è memoria, pubblicata su “Il Manifesto”, antesignano del più noto quotidiano nazionale nei primi anni sessanta. Non ho dubbi che Pasolini, oggi, avrebbe condannato senza mezzi termini e riverenze l’aggressione di Putin. Ma avrebbe sicuramente rivolto la sua attenzione e la sua parola di denuncia e di vicinanza al giovanissimo soldato russo, prigioniero degli ucraini e ignaro dei veri motivi di questa guerra non sua, che piange mentre parla con la madre al cellulare. Si sarebbe interrogato sugli intrecci perversi che attraversano le oligarchie dei due paesi in guerra, che hanno fatto la storia complessa del grande Impero Sovietico, contrassegnato da eroismi e tradimenti. Come in queste ultime ore in cui gli 007 ucraini pare abbiano ucciso uno dei cinque componenti della delegazione che sta conducendo il difficile negoziato per la tregua, in quanto ritenuto spia dei russi. Ma Pasolini si sarebbe schierato apertamente contro l’omologazione, il tentativo ipocrita di cancel culture, che anche in Italia rischia di infiltrarsi e che nei media, soprattutto nelle reti televisive nazionali, è imperante nel pensiero unico anti Putin. Anche da parte di chi fino a qualche giorno prima dialogava e stringeva affari con il nuovo zar russo. Pasolini si sarebbe rammaricato di non avere le prove, ma si sarebbe dichiarato sicuro che in Italia e in Europa è in corso un’operazione di lavaggio collettivo della propria coscienza in nome del pacifismo. A cui il cinico satrapo russo ha regalato un comodo alibi, al prezzo di graduali sanzioni, allo stato sopportabili e dietro cui continuano a lucrare Banche e magnati globali.

L’ultimo incompiuto e controverso romanzo del grande scrittore ha un titolo profetico “Petrolio”.

Oggi più che mai ritornano di prepotente attualità le parole di Pier Paolo Pasolini nella primavera del 1964.

Passeggiando su Corso Mazzini a Catanzaro.