Casematte, Tobruk e cannoniere: il fascino discreto delle fortificazioni militari

Un sistema diffuso di difesa della Seconda guerra giace misconosciuto lungo il perimetro urbano di Catanzaro

Le riesci a scorgere, qui e là, solitarie e sdegnose sui costoni collinari oppure ingobbite e aggredite dalle erbacce lungo le strade a rapido scorrimento. Sono le casematte, residui dei sistemi difesivi adottati dagli eserciti italiano e tedesco tra l’inizio e l’estate del 1943 in previsione degli sbarchi e della possibile avanzata degli Alleati lungo la penisola. Circostanza che in effetti si verificò a partire dal luglio ’43 con lo sbarco alleato in Sicilia, ma che proprio per il rapido svolgersi degli eventi e il fulmineo avanzare delle truppe angloamericane non portarono all’utilizzo dei piccoli fortini militari. Perlomeno, da quel che si sa, non partì alcun colpo di mitraglia dal diffuso e finanche capillare sistema di difesa disegnato intorno alla città di Catanzaro, perfettamente adattato alla sua orografia attorno alle vallate dell’Alli della Fiumarella e del Corace, lungo il litorale marino e sui contrafforti collinari e premontani che la sorreggono e la circondano. Meglio così, certo. Ma ciò non toglie che le testimonianze in quanto tali vanno ascoltate, tenute di conto e, nel caso, preservate e custodite.

Dobbiamo alla caparbia volontà di ricerca di Mario Saccà, valente studioso della storia cittadina, molta, se non tutta, della documentazione e delle informazioni che qui riportiamo. In fondo, ci dice, Catanzaro deve la sua fortuna pregressa, e oggi fortemente messa in discussione, anche alla sua prerogativa di Comando regionale dell’esercito, cosa che accanto alla primazia giudiziaria e sanitaria e in parte ecclesiale, ha apportato alla sua cascina consuetudinaria molto del fieno che le è servito a fregiarsi della dignità di capoluogo regionale. Per questo, probabilmente, gli esempi di costruzioni difensive sono qui molto diffusi, anche se colpevolmente misconosciuti.

 

 

Le postazioni Tobruk
Per esempio, chi potrebbe pensare che all’interno della Pineta di Giovino insistono diversi residuati di postazioni che, all’improvviso, rompono il tappeto marrone degli aghi di pino e disegnano sul terreno la loro pianta oblunga e strana, a nulla assimilabile se non si fa riferimento a ciò che le sormontava e le completava: le postazioni Tobruk così chiamate in riferimento alla battaglia eponima durante la seconda guerra. Ce ne sono diversi esempi nella pineta. Sono fortificazioni che originano dai manufatti ideati e costruiti dai fanti italiani durante le guerre d’Africa, dapprima in modo del tutto artigianale, un semplice fusto di petrolio interrato, e successivamente, anche per l’interesse che suscitarono nell’esercito tedesco, realizzate in cemento armato per formare un piccolo bunker, una camera corazzata sormontata da una torretta circolare dalla quale un mitragliere controllava dietro la sua terribile arma. Nella pineta ciò che rimane delle Tobruk giace senza alcuna recinzione, alla mercé di tutto e di tutti, e ciò spiega lo stato in cui sono ridotte, ricettacolo di scarti e rifiuti, senza nemmeno una piccola indicazione grafica che le identifichi e le faccia conoscere per quel che sono.

Generico dicembre 2022

 

 

Le casematte a cupola
Accanto alle Tobruk, anche nella stessa pineta, verso la foce dell’Alli, si incontra l’altra tipologia di fortificazione, questa più comune e della quale ci sono diversi esempi, forse una trentina lungo il perimetro urbano di Catanzaro. Costruzioni di cinque-sei metri di diametro in cemento armato, circolari, sormontate da una cupola leggermente schiacciata, feritoie visuali rettangolari lungo le pareti. Potrebbero sembrare a dei grandi elmetti militari piantati sul suolo e l’immagine, che concilia il contenente con il contenuto, è sempre sembrata appropriata semioticamente appropriata a chi scrive, fin da quando, ragazzino, si intrufolava curioso all’interno di un loro esemplare che ancora dovrebbe esserci nei campi dietro il Monacaro, rione di Catanzaro appartato ma panoramico, carattere sul quale torneremo. Di queste casematte, dalla struttura robusta e persistente nonostante l’incuria, ce ne sono di visibili percorrendo le statali e di più nascoste. Sulla 106, per dire, tre casematte sono sulla collina difronte il bivio di Giovino, accanto al Centro commerciale delle Fontane. Se ne incontra una, la più visibile di tutte, su via Lucrezia della Valle, proprio accanto alla strada, a sorvegliare l’argine della Fiumarella nel posto che una volta era chiamato Fumarolo, perché vi sboccavano gli sfiati dei fumi prodotti dai treni che percorrevano la galleria del Sansinato. Sopra al Sansinato, a guardare la vallata che si apre verso Marcellinara e Lamezia, un’altra casamatta, accanto al vecchio cementificio di viale De Filippis. Poche centinaia di metri in linea d’aria verso Sud, a Germaneto, accanto alla Tenuta Calivello, un altro fortino. E verso est, invece, sull’altro costone al di là della Fiumarella, a sovrastare la stazione di Catanzaro Sala, la casamatta al Monacaro, località oggi occupata da edilizia residenziale pubblica costruita sul finire dei Sessanta, che deve il suo nome probabilmente a un insediamento monastico di cui però non c’è traccia né ricordo storico. Di sicuro c’era un lazzaretto, e, proprio dove la casamatta spaziava e controllava, i nobili catanzaresi assistettero all’evolversi della battaglia campale ingaggiata da spagnoli e francesi, le truppe di Carlo V e Francesco I, nel 1528 proprio alla confluenza della Fiumarella e del Musofalo, il cosiddetto Piede di Sala. Così perlomeno riferiscono le cronache di Gariano e D’Amato. Questo per dire della ottima visuale di cui per forza di cose dovevano godere le fortificazioni.

Generico dicembre 2022

 

 

 

La cannoniera di Copanello
A proposito di visuali e di panorama, come non guardare con occhi grati quanto si vede dalle feritoie della cannoniera di Copanello. È una fortificazione costiera scavata nella roccia proprio davanti alla Galleria sulla 106. Vi si accede per uno scosceso passaggio dalla parte della vecchia strada chiusa al traffico perché insicura e franosa. Ma a dispetto di ciò, guardando in alto si scorgono, permanenti e vigili, le due aperture che guardano l’amplissimo braccio di mar Ionio dalla sottostante foce dell’Alessi fino a Capo Colonna e oltre. Dietro la porta in ferro, due ambienti abbastanza spaziosi in cui sono ancora ben visibili le piazzole dove erano fissati i cannoni. Sul pavimento sparsi indumenti e vecchie scarpe. I cannoni non sono mai stati utilizzati, non si hanno notizie di sbarchi o tentativi da parte delle truppe alleate, mentre per quanto riguarda la prima guerra mondiale un sommergibile tedesco all’altezza della Marina di Catanzaro sparò qualche colpo verso la costa. È l’unico esempio di fortificazione del genere su tutta la costa del medio Ionio. Sulle pareti nessuna scritta, nessun graffito, ma forse si dovrebbero raschiare le incrostazioni per averne certezza. Su un muro, una piccola nicchia, forse un’immagine sacra. Che non guasta mai.

Generico dicembre 2022

 

Conclusioni
Insomma, siamo circondati da testimonianze storiche e non ce ne rendiamo conto, in questo come in altri casi. Le fortificazioni interessano tutta la fascia costiera della Calabria. Per questo non sarebbe inopportuno pensare a un progetto di valorizzazione di qual che rimane, ed è tanto, come abbiamo provato a sintetizzare per Catanzaro. In altre regioni lo si è fatto, e ci tocca ancora una volta citare Toscana ed Emilia-Romagna. Calabria Straordinaria, e va be’. Ma non solo alla Stazione Centrale di Milano.