Tra il Maestro Piana e il Singing Cluster prove di “empatia indifferenziata”

Il celebrato musicista veneto ha condotto una masterclass e diretto il coro di Giulio De Carlo alla Madonna del Carmine

Non sappiamo, per nostra indebita ignoranza, se il brano di Bach, risuonato tra le pulite pareti della chiesa del Carmine, sia assimilabile in qualche modo alla celeberrima Aria sulla quarta corda, ma è indubbio che la corda toccata e ancor più fugata ha vibrato nel cuore degli spettatori del “Concerto di Primavera” del Coro polifonico Singing Cluster tenuto ieri sera a Catanzaro.

Generico maggio 2024

Accorsi come sempre in copioso numero attratti dalla montante rinomanza del coro polifonico catanzarese, i fortunati spettatori hanno potuto saggiare con mano e orecchio quanto lo scambio di esperienze e tradizioni apporti sempre elementi floreali nuovi e fecondi su una pianta giunta per il resto alla piena maturità e suscettibile, semmai, di più ambiziosi palcoscenici.

Nella consueta formazione di 21 elementi – ieri erano otto voci maschili e tredici femminili – il coro come sempre guidato da Giulio De Carlo, voce solista Delia Olivadoti e al pianoforte Maurizio Ribera, si è concesso il lusso di lasciarsi dirigere da uno dei più celebrati direttori italiani: Paolo Piana.

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Veneto, elegante nel portamento e nella gestualità, portatore sano della ricchissima tradizione polifonica di quella regione che su altri fronti insiste nelle prove pratiche di autonomia, Piana era preceduto da un curriculum di alto rango: direttore fin dalla fondazione del fenomenale “Coro Città di Piazzola sul Brenta”, con questo esercita un’intensa attività concertistica vincendo svariati premi in concorsi e rassegne nazionali e internazionali, dedicandosi nel contempo alla docenza di vocalità nell’Accademia Righele e tenendo numerosi seminari di direzione corale e corsi di tecnica vocale negli istituti musicali e conservatori lombardi e veneti (Padova, Mantova, Verona).

Una personalità di rilievo, insomma, che ha incrociato la strada di Giulio De Carlo a Cagliari durante le festività natalizie, quando un brano di De Carlo selezionato per il concerto del Coro composto dai direttori dei cori italiani, insomma un coro al cubo, se l’immagine geometrica solida sia idonea a rendere l’effetto tipicamente etereo delle esibizioni corali.

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Piana ha lì diretto primus inter pares, con De Carlo rimasto colpito dalla sapienza musicale e dalla sagacia didattica del collega, per cui ha tentato, riuscendovi, di portarlo a Catanzaro per un seminario a beneficio del suo Singing Cluster.

Due giorni di intenso studio, culminati nell’esibizione di ieri, a metà tra concerto e saggio di fine corso con tanto di attestati consegnati alla fine da Donatella Monteverdi, assessore alla Cultura del Comune di Catanzaro che ha patrocinato l’evento. Da segnalare la presenza tra i banchi, molto discreta e pertanto maggiormente lusinghiera, del sottosegretario agli Interni Wanda Ferro.

A detta di De Carlo l’esperienza è stata molto più che appagante, nell’affrontare e superare le difficoltà tecniche di un programma vario che ha spaziato da un anonimo del XV secolo – c’è sempre un anonimo nei concerti corali, chissà perché, e d’altra parte l’Anonimo, Veneziano o meno, è sempre un must – fino ai giorni nostri.

I due Maestri si sono alternati nei blocchi di direzione, tre brani a testa per due giri prima delle direzioni finali che sono state il Gloria RV 589 di Antonio Vivaldi per Piana e Vedrai miracoli di Stephen Schwartz nell’arrangiamento di Giulio De Carlo.

Per arrivare all’epilogo, salutato con un lunghissimo treno di applausi del pubblico, il Singing Cluster ha spaziato tra note alte e toni bassi, in vibranti crescendo e pensosi diminuendo, affidandosi con fiducia a un repertorio collaudato partito dal Locus iste di Anton Bruckner fino al What a wonderful world di Weiss-Douglass, toccando nomi tutelari della coralità quali Ola Gjeilo, Z. Randall Stroope, Luigi Molfino, Morten Lauridsen, Manolo Da Rold rispetto ai quali compaiono degnamente i due brani originali di De Carlo: De profundis e Jubilate Deo.

Interpreti perfetti, leggermente controllati all’inizio del concerto per la giusta tensione dovuta all’occasione, sciolta dall’empatia subito intercorsa con il direttore veneto a riprova che la buona musica non ha confini che tengano, ancorché regionali.