Con il rinvio a giudizio deciso dal gup torna il fantasma di Gettonopoli

L’incidenza delle diverse fasi processuali sulla costituzione di parte civile del Comune di Catanzaro e sulla vita quotidiana delle Commissioni consiliari

Non sarà mai troppo presto. Il tempo oramai dilatato si va depositando strato su strato sul fantasma di Gettonopoli tanto che è il sopravvenire di nuove puntate giudiziarie a sottrarlo all’apparente stato di quiete in cui è relegato, pronto di volta in volta a dar sinistramente segno di sé.

Il procedimento contro la quasi totalità del passato Consiglio comunale di Catanzaro è passato sotto diverse fasi, raggiungendo l’acme al momento della notifica dei capi d’imputazione nel dicembre 2019, e successivamente arricchito di diversi episodi di diverso spessore emotivo e sostanziale, con l’apertura di diversi filoni di indagine corrispondenti a diversificate gravità delle posizioni individuali e con l’andamento altalenante della severità d’impatto della magistratura inquirente e giudicante, l’una pesa a intraprendere per molti indagati la strada della tenuità del fatto e l’altra propensa a un maggior rigore interpretativo, in ciò anche indirizzata dalla pretesa degli indagati di veder essere loro riconosciuta la non sussistenza del reato.

Esito di tutto questo fermento giuridico è stato il verdetto odierno del giudice delle indagini preliminari che ha rinviato a giudizio i 19 consiglieri uniformandosi pertanto all’ultima richiesta avanzata dalla procura nell’udienza del 21 novembre scorso. Il processo, già fissato nella data, si aprirà il 16 giugno 2023.
Qui preme considerare l’aspetto più propriamente istituzionale della vicenda, se mai sia possibile enucleare dalla matassa giudiziaria un filo di ragionamento politico. Per farlo non si può che partire da due punti di osservazione: la catena delle costituzioni di parte civile del Comune di Catanzaro, fatta di diversi anelli che si sono saldati in tempi successivi assecondando il parallelo sviluppo delle fasi giudiziarie; e la permanente consistenza nell’attuale Consiglio comunale di una pattuglia, consistente ma non maggioritaria, di consiglieri rinviati a giudizio.
Sotto quest’ultimo riguardo, includendo Sergio Costanzo per il quale l’ipotesi di reato è diversa e diverso è l’iter giudiziario, permangono in Consiglio perché rieletti nella tornata elettorale 2022 sei componenti: Fabio Celia, Luigi Levato, Rosario Mancuso, Giulia Procopi, Manuela Costanzo. A latere, e in qualche modo significativo per la portata istituzionale che assume, il rinvio a giudizio tocca anche Filippo Mancuso, attualmente presidente del Consiglio regionale della Calabria. Quando l’iter processuale sarà concluso, è presumibile che il Consiglio attuale abbia già compiuto la metà del suo percorso quinquennale.

Quel che si può dire è che l’attuale Consiglio non subisce l’impronta di quanto occorso nei cinque anni precedenti, anzi in qualche modo risulta essere plasticamente altro, non fosse altro per la considerazione che ai vertici dei due pilastri istituzionali del Comune siedono Nicola Fiorita come sindaco e Gianmichele Bosco come presidente del Consiglio, proprio i due consiglieri che, raggiunti come altri ventisette dalla notifica di indagine, prima si dimisero dalla carica e poi uscirono dall’inchiesta completamente scagionati. Intanto, una conseguenza positiva l’inchiesta ha determinato: c’è maggiore attenzione sul lavoro della Commissioni, maggiore puntualità nei relativi resoconti, più convinta e assidua partecipazione dei consiglieri, più diligente coinvolgimento dell’esecutivo e, finalmente, un apporto concreto delle strutture burocratiche con la costante presenza di un verbalizzante esterno.

Non è tutto rose e fiori, naturalmente, perché diverse pecche vengono evidenziate in ogni seduta d’Aula soprattutto sul versante dei contenuti, con la curiosa richiesta da parte dei consiglieri commissari di volere lavorare di più rispetto alle scarne pratiche che giungono alla loro attenzione. Niente male se si ricorda che l’accusa principale da cui i rinviati a giudizio devono difendersi è proprio l’aver percepito irregolarmente i gettoni di presenza previsti per la partecipazione alle commissioni consiliari.

Per quanto riguarda la costituzione di parte civile, che impegna l’Ente a una partecipazione attiva al processo come parte in causa, le tappe principali sono state perlomeno tre, conseguenti alle diverse fasi accusatorie e processuali. Le prime due deliberate dalla giunta Abramo: dapprima la costituzione di parte civile solo nei confronti dei consiglieri che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero indotto l’Amministrazione Comunale a corrispondere il rimborso delle somme erogate dai datori di lavoro ai predetti Consiglieri a titolo di retribuzione per il periodo dell’espletamento dell’incarico politico pur in assenza di un effettivo rapporto di lavoro subordinato; in seguito soltanto nei confronti dei Consiglieri che non avevano provveduto a rimborsare le somme percepite a titolo di ‘gettoni di presenza’ per una precisa strategia difensiva.

E la terza tappa compiuta dalla giunta Fiorita che disponeva la costituzione di parte civile verso i due consiglieri, ambedue ex perché non presenti nell’attuale consesso, che hanno scelto il giudizio in forma immediata.
Sullo sfondo permane lo sgomento che colpì la città sul finire del 2019, investita da una malevola ondata mediatica anche nazionale. E le ripercussioni cocenti sul piano personale di molti dei protagonisti che hanno ben diritto a un epilogo giudiziario che sia il più equo e celere possibile.