Condannati al lavoro di pubblica utilità potranno svolgere l’attività per lo Csen Catanzaro

In virtù di una convenzione stipulata di recente tra il Tribunale di Catanzaro e il Comitato provinciale dell'ente riconosciuto dal Comuni

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    Il Comitato provinciale C.S.E.N. di Catanzaro APS va incontro ai condannati al lavoro di pubblica utilità, che potranno svolgere l’attività non retribuita presso lo stesso Ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI e rete associativa nazionale del Terzo settore, iscritta registro unico nazionale del Terzo Settore. Tanto in virtù di una convenzione stipulata di recente tra il Tribunale di Catanzaro e il Comitato provinciale C.S.E.N. di Catanzaro APS, che consente, appunto, ai condannati alla pena del lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 54 del D.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 e dell’art. 33 comma 1 lett. d Legge 120/2010, di prestare la loro attività non retribuita in favore della collettività non solo presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o gli enti o le organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, ma anche presso il C.S.E.N.

    Lo si legge in una nota stampa 

    I condannati potranno così eseguire prestazioni socio-assistenziali educative e attività connesse ai fini istituzionali dell’ente. L’attività non retribuita in favore della collettività sarà svolta in conformità con quanto disposto nella sentenza di condanna, nella quale il giudice indica il tipo e la durata del lavoro di pubblica utilità.

    “Il Comitato provinciale C.S.E.N Catanzaro APS ha offerto la sua disponibilità in questo ambito – ha spiegato il presidente Francesco De Nardo –  poiché crede che il lavoro di pubblica utilità, alternativo o sostitutivo della pena detentiva, sia non solo utile per ridurre il numero di detenuti, ma, anche e soprattutto, sia idoneo a svolgere una fondamentale funzione risocializzante del reo, in linea con quanto dettato dall’art. 27 comma 3 della Costituzione, secondo cui le «pene devono tendere alla rieducazione del condannato». Il reo potrà responsabilizzarsi e reinserirsi in modo positivo e graduale all’interno della propria comunità di appartenenza, per effetto della ‘‘correzione’’ di quei comportamenti antisociali che l’hanno indotto a delinquere”.

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