Peppino, il nostro giornalismo e la città che forse non è mai esistita

Il ricordo di Giuseppe D'Agostino firmato dall'ex sindaco Marcello Furriolo

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    di Marcello Furriolo*

    Caro Peppino,

    ormai non ci vedremo più, come ci capitava spesso la sera, sotto casa mia, mentre passeggiavi, legato al braccio amorevole e sicuro della Tua compagna di una vita. Peccato, avrei voluto ricordare ancora tanti avvenimenti, piccoli e grandi e tante figure della vecchia Catanzaro, che Tu conoscevi bene e di cui negli anni hai raccontato le storie. Ricordi e pensieri che Ti porti via e che insieme a Te scompaiono per sempre, come quel pezzo di città a cui hai dato voce con i tuoi giornali, le Tue iniziative culturali, i Tuoi Premi roboanti, il Tuo entusiasmo giovanile. Un mondo che già da tempo non esiste più. Una città  cancellata dalla memoria collettiva e non sostituita da un’altra. Diversa, non dico migliore.

    Come diverso era il giornalismo che abbiamo avventurosamente praticato, quando il miracolo della stampa prendeva forma e contenuto nelle tipografie a piombo dei mitici fratelli Aiello, Mimì e Peppino, dove era di casa un grande poeta dimenticato come Antonio Palumbo, o alla Tipo Meccanica. Quando venivano stampate tante gloriose e battagliere testate, animate dall’estro e dalla penna pungente di personaggi come Egidio Trapasso, Peppino Papaleo, o Peppino Fabiani, Filippo Paliotta. Mentre la città ribaltava sulle cronache nazionali delle grandi testate, come Il Tempo, la Tribuna del Mezzogiorno, la Gazzetta del Sud, attraverso le storie raccontate da Bebè Greco, Gegè Greco, Mico Bruni, Renato Mantelli, Franco Spadafora. E Giovanni Paparazzo nel suo inespugnabile bunker del Palazzo delle Poste irradiava le notizie locali nei circuiti nazionali, con l’ausilio di un giovane volenteroso come Andrea Cuomo. Erano i tempi delle discussioni interminabili e degli incontri, anche clandestini e peccaminosi, dell’Albergo Centrale, in cui, nelle caselle del ricevimento si smistavano le veline per i giornali, con un gioco spionistico da guerra fredda delle informazioni riservate di provincia. Facevano scalpore e suscitavano grandi invidie e pettegolezzi La Scogliera d’Argento a Copanello e Il Pino d’oro all’Albergo delle Fate, le meravigliose serate da ballo al Grande Albergo Moderno. E poi il Circolo Unione e l’immenso carisma di un grande catanzarese, il presidente Blasco, che ha lasciato un vuoto profondo e incolmabile.

    Anche la politica viveva una stagione incantata, con personaggi sulla scena di Santa Chiara come il generale Morisciano, Ciccio Pucci, l’avvocato Ruocco, Gregorio Gigliotti, ma anche Gigino Mazzacua, l’avvocato D’Andrea, Peppino Seta e tanti altri. Per non parlare di figure come il Comandante dei Vigili Urbani Ranieri, mio suocero il colonnello Citriniti, Roberto Martino, l’eccentrico bibliotecario subentrato nel delicato incarico ad un monumento come Don Pippo De Nobili e ad Augusto Placanica.

    Tutte queste figure facevano parte di una straordinaria galassia, con cui riuscivi a costruire i Tuoi premi letterari, di Poesia e di Pittura, che tanti sogni hanno regalato a decine di giovani speranzosi artisti in erba e a tanti personaggi ricacciati dall’anonimato con gli allori fugaci ed effimeri come il tempo che va. Che Tu riuscivi a fermare con un sorriso, un gesto signorile ed elegante, abito da sera e papillon ad ogni ora e per tutte le stagioni.

    Un’altra Catanzaro, che forse non è mai esistita. O forse l’hanno inventata e ce l’hanno regalata, con amore sconfinato, i grandi sognatori e i gentiluomini come Te.

    Ciao Peppino, ci mancherai

    *ex sindaco –

    lettera dedicata al decano dei giornalisti Giuseppe D’agostino scomparso ieri mattina

     

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