Cimino: “E ora si faccia un atto coraggioso e d’amore, si chiuda Corso Mazzini”

La sollecitazione al fine di aumentare gli spazi fruibili da cittadini e commercianti

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Di Franco Cimino

(intervento pubblicato su Il quotidiano del Sud)

“ Non tutt’i disgrazz;venunu pe’mala”( non sempre le feroci avversità sono negative), dicevano i nostri vecchi quando tutt’intorno si faceva buio e nella proprio casa arrivava il dolore.

Questo detto non era soltanto il modo di volgere immediatamente il pessimismo a ottimismo, ovvero quel modo popolare di tradurre la violenza caduta improvvisamente da un cielo lontano in aiuto della Provvidenza.

Era, soprattutto, l’istinto buono del meridionale alla sopravvivenza, impiegando volontà, coraggio e ingegno nell’opera di ricostruzione dalle macerie.

Catanzaro, la nostra Città bellissima, come tutte le altre del Paese è stata travolta dall’emergenza sanitaria.

Davanti a sé trova però più macerie di altre per via della sua antica fragilità strutturale. È un po’ come quel terremoto che scuote fortemente un territorio già colpito dalle bombe della guerra, i palazzi erano già stati in parte demoliti. Oggi il coronavirus, che per fortuna ci ha salvato dalla diffusione dei contagi e dalle sue terribili conseguenze, ci presenta la situazione appena descritta: un terremoto dopo il bombardamento.

L’economia cittadina è a terra perché prima era già in ginocchio, il suo fragile tessuto a maglie prevalentemente commerciali, è lacerato in più parti perché da tempo si sfilacciava insistentemente.

Molti piccoli negozi rischiano oggi di chiudere perché da lustri hanno resistito solo per il coraggio dei loro titolari che non hanno voluto abbandonare la passione per il lavoro, l’amore per Catanzaro, la speranza che il classico domani sia migliore. Ho già, in altro articolo, sollecitato il senso di solidarietà e l’intelligenza, oltre che la gratitudine, dei catanzaresi, nei confronti dei commercianti, invitandoli a comprare più spesso nei negozi del Centro, anche di ogni piccolo centro dei nostri quartieri. Di andare anche nei luoghi della ristorazione e nei cinema del Centro.

Fare, insomma, un individuale atto d’amore, che avrebbe il valore di un gesto collettivo e politico. Sono certo che il mio invito sarà accolto con gioia.

Adesso, però, il compito maggiore appartiene alla Politica, all’Amministrazione Comunale particolarmente. I numerosi decreti del governo nazionale e di quello regionale, sono pieni di strumenti d’aiuto verso le attività industriali, commerciali, turistiche e in generale economiche. L’obbligo del distanziamento fisico di persone e spazi, può offrire alla nostra Città un nuovo modo di porsi a se stessa e un nuovo strumento per organizzare le sue molteplici attività. Il virus ci obbliga alla vita all’aperto. Questa, per una città bellissima è un’opportunità da non sciupare relegandola a misera provvisorietà emergenziale. È, invece, l’occasione per vivere e finalmente valorizzare i nostri spazi aperti, le nostre tante piccole originali armoniche piazzette che s’aprono lungo il chilometro più bello del mondo o si nascondono dietro i vicoli della città antica. Alcuni di questi luoghi chiamiamoli pure “ spiazzi” , come usavamo dire da bambini quando cercavano qualche metro per giocare a pallone con una palla inventata e con le porte create dalle nostre giacche. Trasformiamoli tutti in “spazio esterno di un pubblico esercizio”, specialmente bar e ristoranti. Per sempre nelle giornate belle della nostra infinita primavera, che rende gradevole il caldo estivo rinfrescato dal nostro vento buono. Con la scusa delle rigidezze sugli spostamenti, potremo finalmente fare l’estate catanzarese nel suo ritorno all’antico quando di sera, tornati dal mare, in tanti si godeva la bellezza della Città.

E fino alla più tarda ora, quando su quelle stesse piazze anche noi potremo godere del teatro e del cinema all’aperto. Ogni piazzetta, tra le più convenienti, un palcoscenico e un bel telo bianco. Che meraviglia sarebbe con accanto punti di ristoro dai quali saremo da poco usciti o nei quali torneremo a mezzanotte per fare un po’ mattino. E prima e dopo aver camminato lungo il Corso con gli occhi sgranati sui palazzi e sulle chiese o in alto a vedere il nostro cielo nero trapunto di stelle. Tutte queste piazze io le ho in mente perché da sempre le vado proponendo in questo significato, che continuamente si rinnova quando le attraverso per la mia camminata veloce quotidiana.

A ogni passaggio il mio sogno si fa immaginazione, poi desiderio che si fa progetto. Ne dico solo tre per tutti, piazze e spiazzi, escludendo forse la più bella, quella della cattedrale chiusa per lavori di restauro della stessa, che, evidentemente, non potranno avere i tempi biblici di altre opere pubbliche. Eccole: piazza Prefettura per cinema e teatro, piazzetta Politeama con quella più importante piccola adiacente, per il teatro, lo “ spiazzo” ad inizio del Corso venendo dal Cavatore, per rappresentazioni di vario genere culturale e artistico, oltre che, unitamente al “ marciapiede “ prospiciente, servizio per la ristorazione. E qui mi fermo per ragioni di spazio giornalistico. Per fare tutto occorre però una scelta.

La più importante, che finalmente ci libererebbe da una vecchia assurda disputa. Quella che ha diviso stupidamente la cittadinanza, in particolare tra commercianti e aspiranti passeggiatori. I primi, pochi ma fondamentali per i secondi, questi, moltissimi ma necessari ai primi. La scelta è di chiudere il Corso.

I modi e le parti in cui sarà al meglio possibile, lo decideranno i tecnici lasciati liberi di consigliare oggettivamente. Se avremo il coraggio di fare tutto questo, “ a disgrazzia do coronavirus” si tradurrà in bene. Catanzaro cambierà volto, i catanzaresi la cultura della città e il loro spirito di cittadinanza. La Politica si libererà dell’infedele ragione che l’ha finora dominata, trasformando il radicamento all’amministrare in passione del governare. Governare, che non è solo programmare e sterile metodo di lavoro fine a se stesso o a uno sporadico confronto fra le parti politiche. È soprattutto immaginare, disegnare cioè col sogno il futuro utilizzando il presente e il reale presente. La Politica è l’arte più bella proprio perché dal sogno crea ciò che ad altri sembra impossibile.

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