Riforma Cartabia, Calcagno (Anm): “Avrà effetti anche sull’informazione”

"Se un processo non si conclude entro i due anni dall'inizio del processo di appello, l'azione penale diventa improcedibile"

“Si tratta di una forma di controllo dell’autonomia dei magistrati”. Così, intervenendo a “Buongiorno regione” della Tgr Rai Calabria, il sostituto procuratore di Catanzaro Veronica Calcagno (Anm) ha commentato la parte della riforma Cartabia inerenti alla comunicazione.

“Il rischio di limitare così tanto la possibilità per il procuratore, non per i singoli magistrati ma per il procuratore, di comunicare con la stampa – ha osservato – nel momento in cui a esempio venga data esecuzione a un’ordinanza cautelare, può creare una disinformazione, perché immagino che, davanti ad una notizia di rilevanza o interesse pubblico, il giornalista, che ha interesse a dare quella notizia la dovrà accertare e, anziché avere informazioni complete dal procuratore che conosce più di chiunque altro i fatti, queste informazioni le troverà da qualcun altro con il rischio che le informazioni che possano essere date siano incomplete. Quindi – ha rilevato il sostituto procuratore di Catanzaro – l’effetto potrebbe essere la disinformazione”.

“Con lo sciopero intendiamo raggiungere due obiettivi: da un lato poter interloquire con il ministro sulla riforma dell’ordinamento giudiziario ed essere ascoltati, e dall’altro lato far comprendere ai cittadini gli effetti negativi di questa riforma” – ha sottolineato il sostituto procuratore di Catanzaro, Veronica Calcagno.

“Per noi – ha aggiunto Calcagno – questa riforma è negativa perché incide negativamente sul diritto alla giustizia. Ci sono alcune previsioni, all’interno della riforma, che tendono a uniformare i magistrati, che rischiano di essere addomesticasti da questa riforma, nel senso che il magistrato sarà valutato positivamente solo se si adeguerà alle decisioni prese precedentemente da giudici superiori”.

Calcagno ha poi criticato “la scure della improcedibilità, che si traduce in una denegata giustizia. Che cosa accade? Se un processo, anche per fatti gravi o per fatti il cui accertamento è molto complesso, non si conclude entro i due anni dall’inizio del processo di appello, l’azione penale diventa improcedibile. E ciò – ha proseguito il sostituto procuratore di Catanzaro – si traduce chiaramente sia nella mancata giustizia, nel mancato accertamento dei fatti, sia nel diniego di giustizia per la persona offesa”.