La nuova vita professionale di Stefano Molica, Honorary professor alla Hull-York University foto

Il ruolo di Consultant al Castle Hill Hospital dell’ex direttore del Dipartimento di emato-oncologia del Pugliese Ciaccio di Catanzaro

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Hull, città con oltre 250mila residenti, è nota anche in Italia agli appassionati di calcio perché la locale squadra milita con alterne ma bastevoli fortune nel campionato di Championship, la serie B inglese. In vero, la città ha un altro motivo di vanto, perché è sede di una bella e importante Università congiunta con York, città forse più nota in Italia perché il titolo di duca e duchessa di York, appunto, è conferito al maschio secondogenito dei sovrani d’Inghilterra e alla sua consorte: ragion per cui spesso viene evocata nelle ricche cronache che li riguardano. Siamo nello Yorkshire, contea del nord Inghilterra ai confini con la Scozia, ricca di riferimenti letterari, a due ore e mezzo di treno da Londra. Quella provincia inglese abitata da piccoli sobborghi immersi nella campagna, l’ambientazione cui ci ha abituati l’Ispettore Barnaby, sia mantenuto nella gloria televisiva.
Non fa molto freddo in questi giorni natalizi, ma la temperatura si era notevolmente abbassata nei giorni scorsi, quando Stefano Molica – è lui che per telefono ci informa del luogo e del meteo – si trovava negli States per un congresso scientifico. Erano i giorni del grande freddo in Inghilterra e di ritorno dagli Stati Uniti il volo ha rischiato di non atterrare per neve nel piccolo aeroporto di Humberside che serve lo East Yorkshire.

Stefano Molica è stato personalità di rilievo della sanità pubblica di Catanzaro.
È a tutti noto il suo impegno nella realizzazione del modello integrato di attività assistenziali che caratterizza l’Ospedale Ciaccio-De Lellis, sede del Dipartimento onco-ematologico intitolato al senatore professore Antonio Alberti. A metà 2019, dopo 40 anni di effettiva attività è arrivato per lui il pensionamento da direttore del Dipartimento di ematologia e oncologia dell’Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio. Stefano, dopo un periodo speso nel ruolo di coordinatore scientifico del Dipartimento,
ha dato inizio a nuova vita professionale nel Regno Unito. Oggi lavora con il ruolo di Consultant (il Consultant è figura paragonabile, anche se non completamente sovrapponibile, al nostro primario) presso il Dipartimento di ematologia del Queens Cancer Center del Castle Hill Hospital di Hull e, da agosto 2022, in relazione alle considerevoli pubblicazioni scientifiche pubblicate su importanti riviste internazionali, gli è stata riconosciuta una posizione accademica con valenza quinquennale di Honorary Professor nella Medical School della Hull-York University.

Abbiamo chiesto al dottore Molica di raccontarci della sua nuova esperienza, anche per un raffronto diretto tra le sue due vite professionali che evidentemente riflettono un diverso modo d’essere di due sistemi sanitari, il NHS britannico e il SSN italiano.
“È stata per me davvero una sfida – dice a Catanzaroinforma – operare in un sistema sanitario simile al nostro per le sue caratteristiche di universalità ed equità ma differente di fatto nella sua operatività. Per lavorare nel Regno Unito innanzitutto occorre essere registrati presso il General Medical Council (GMC), equivalente al nostro Ordine dei medici, strutturato però su base nazionale. Questo organismo valuta oltre che la conoscenza appropriata della lingua inglese l’adeguatezza del curriculum professionale e scientifico di chi intende esercitare la professione medica in UK. La registrazione al GMC come specialista ematologo mi ha consentito di partecipare al bando che mette a disposizione ogni anno nel Regno Unito un totale di 100 posizioni di ‘locum consultant’. I primi contatti con il Queen’s Center Oncology and Haematology del Castle Hill Hospital di Hull University Teaching Hospital (ospedale di riferimento affiliato all’Università di Hull-York), struttura all’avanguardia per la cura delle patologie onco-ematologiche, datavano già da febbraio 2021. Poi, un anno dopo, completata ogni procedura burocratica, è iniziata la mia nuova esperienza lavorativa nel Regno Unito. In agosto è infine arrivato il riconoscimento accademico di Honorary Professor della Medical School Hull-York University”.

Le cose sono cambiate con l’avvento della Brexit, la fuoruscita della Gran Bretagna dall’Unione europea?
“Dopo la Brexit in aggiunta alla registrazione presso il General Medical Council è necessario ottenere dal governo inglese un visto annuale. In altri termini, dopo l’uscita del Regno Unito dal sistema comunitario, la trafila da seguire è simile a quella di chi va a lavorare negli Usa.

L’ospedale in cui lavora sembra perfettamente integrato con l’università. Come sa il discorso è molto attuale in Calabria, in particolare a Catanzaro.
“La coesistenza dei due sistemi Università/Ospedale è la regola nel Regno Unito. Giusto per dare una idea della realtà nella quale opero, a capo del Queen’s Center Oncology and Haematology c’è una figura ospedaliera con grandi capacità manageriali.  James – questo è il suo nome – senza perdere di vista la qualità dei processi assistenziali, è sempre a caccia di figure accademiche che possano dare prestigio alla struttura”.

Ma siamo di fronte a un modello di sanità davvero efficiente?
“L’efficacia del sistema risiede nella sua capacità di figure mediche con valenza accademica e clinica con un numero molto più elevato che in Italia di personale di assistenza e farmacisti specializzato nei settori di patologia onco-ematologica. Ovviamente, le qualificate professionalità dei nostri sistemi ospedalieri e accademici non hanno nulla da invidiare a quelle del Regno Unito e i nostri processi in sanità sono assolutamente efficaci, ma forse il nostro sistema resta ancora un po’ troppo medico-centrico. Poi l’informatizzazione da noi si fa strada con lentezza nelle corsie ospedaliere e il rapporto con la medicina di base non è curato adeguatamente. Una parte importante del mio attuale lavoro consiste nello scrivere per ogni paziente visitato una lettera dettagliata indirizzata contemporaneamente al medico di base (General Practitioner, più noto con l’acronimo di GP) e al paziente. C’è di fatto una interazione maggiore ospedale-territorio con trasferimento di attività di follow-up e gestione di patologie onco-ematologiche a limitata aggressività al GP.

Stefano Molica, se dovesse fare un raffronto tra la sua esperienza attuale e la precedente?
“Certamente ritrovo in questo modello di forte condivisione molti dei principi che hanno ispirato il mio percorso professionale. In particolare, quell’idea di Dipartimento ospedaliero che ci era indicato da Antonio Alberti, fondatore dell’ematologia in Calabria. Ma anche la consapevolezza che un percorso di buona sanità debba necessariamente includere oltre ai medici personale di assistenza, farmacisti e biologi che vanno acquistando un ruolo sempre più rilevante nella gestione dei pazienti a elevata complessità assistenziale quale quelli onco-ematologici”.

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