Galiano, Iiritano e Veratti: le donne che fecero il Centro trasfusionale

Le targhe scoperte oggi nella SOC del “Pugliese” onorano la memoria delle fondatrici del Centro. Il commissario straordinario Procopio: onorato di essere stato qui

È stata una giornata di memoria ma anche di orgoglio, quella vissuta stamattina nei moderni spazi della Struttura operativa complessa di Immunoematologia e Medicina trasfusionale dell’Ospedale Pugliese di Catanzaro. L’occasione era la dedicazione delle targhe riportanti le identità di due donne medico sulle pareti di uno dei centri di eccellenza della sanità calabrese intitolato, già all’atto della sua rimodulazione funzionale e architettonica, avvenuta nel 2018, a Leda Galiano. Fu questa terna di valenti professioniste della sanità pubblica catanzarese a dare l’avvio, a cavallo tra i Sessanta e i Settanta dello scorso secolo, all’avventura di ciò che oggi è per tutti, in termini più familiari ma non inesatti, il “Centro trasfusionale” del Pugliese. Da oggi, le targhe ricordano la dottoressa Ermanna Iiritano nelle stanze del Centro di qualificazione biologica degli emocomponenti e la dottoressa Maria Anna Veratti sulle pareti del Centro di immunoematologia e malattia emolitica del neonato. Presenti, certo, figli e famigliari delle due dottoresse; ma la cerimonia è stata condivisa da tutto l’ospedale rappresentato nei limiti del possibile dai diversi primari e dal commissario straordinario Francesco Procopio.

Come ha detto Lino Puzzonia, che ha diretto la Struttura dal 2000 al 2010: “Queste persone, le più anziane che sono state ricordate, le più giovani che adesso dirigono, quelle di mezzo come me, abbiamo seguito un filo di collegamento che era un pensiero del professore Antonio Alberti, fondatore dell’ematologia in Calabria: ‘Lavorare in piccolo, pensare in grande’. Questo ha permesso al reparto di Ematologia che era una mezza sezione al secondo piano e al Centro trasfusionale che occupava un sottoscala, di assumere nel tempo il ruolo e la dimensione che hanno adesso e che le competono”. Oggi è una moderna struttura, una bella porta d’ingresso all’ospedale, come avrà modo di dire lo stesso commissario straordinario. Afferma la dottoressa Gabriella Talarico che oggi la dirige: “Questo servizio ha avuto la fortuna di avere a suo fondamento tre professioniste di grande livello, le dottoresse Galiano Iiritano e Veratti che hanno gettato le basi di quello che poi siamo diventati, un grande centro di eccellenza: con i suoi 500 metri quadri di sviluppo è uno dei più grandi della Calabria, con una pianta organica di dieci medici e 25 tecnici di laboratorio. È il centro dove si raccolgono gli emocomponenti e li si qualificano, distribuendoli nel Compartimento centro comprendente Crotone Vibo Valentia e Lamezia, coordinando la compensazione nei due compartimenti di Cosenza e di Reggio”.

È stata quindi una lunga e costante crescita del ruolo e della funzionalità del Centro. Stamane, a scoprire le targhe sono stati i figli delle dedicatarie, ormai adulti, professionisti affermati. “Parliamo di un’epoca – dice Francesco Talarico, oggi direttore sanitario del presidio De Lellis nella stessa azienda – in cui essere donna ed essere medico era tutt’altro che cosa scontata. Le donne in ospedale erano pochissime. Ermanna Iiritano, mia madre, era la terza donna medico in ospedale, si sentì dire dal direttore sanitario dell’epoca che il pronto soccorso a cui lei aspirava non era un posto per donne. Allora insieme alla dottoressa Veratti e alla dottoressa Galiano, allora primario, fece parte del gruppo di donne che diedero vita a questo Centro trasfusionale facendo di necessità virtù. Riuscirono a fare di questo Centro uno dei più importanti in campo nazionale, inserito in vari gruppi di studio, che ha dato un grande supporto alla sanità pubblica a livello regionale. È il motivo per cui l’Amministrazione ha inteso dedicare queste targhe per onorarne la memoria anche perché siano di esempio e stimolo per le giovani generazioni, ora che le donne medico sopravanzano. Tra l’altro sono state esempio di come pur non sacrificando gli affetti famigliari abbiano portato questo ospedale alle vette più elevate di professionalità e competenza. Disvelando la targa – commenta Talarico – ho provato da un lato l’intimità del ricordo, dall’altro l’orgoglio come direttore sanitario del De Lellis, presidio di questa Azienda, di sapere che oggi mia madre rivive nella memoria. È motivo di grande soddisfazione per me e per i miei fratelli sapere che il nome di nostra madre viene ricordato e reso visibile con queste motivazioni”.

Uguali sentimenti nei famigliari di Maria Anna Veratti. “Ringrazio i tanti colleghi di mamma, in servizio e in quiescenza – ha detto con un filo di emozione il figlio Gabriele Docimo – e tutti coloro che hanno voluto questa giornata dedicata all’attività da lei svolta in tanti anni, anche forse sacrificando il rapporto con noi figli, certamente più di quanto avessimo noi voluto, per dedicarsi alla professione, contribuendo alla crescita del reparto oggi centro di eccellenza della sanità calabrese. Auspichiamo che l’attività della mamma veda crescere i valori che ha elargito a tutti coloro che gli sono stato vicini nella professione per una loro sempre maggiore affermazione. Lasciatemi dire – ha concluso Docimo – che nutro un ricordo affettuoso della dottoressa Iiritano e che ho rivisto con molto piacere sua sorella, anche lei primario in questo ospedale, Ediolinda Iiritano”.


Ha chiuso la cerimonia il commissario straordinario del Pugliese Ciaccio, Francesco Procopio. “La sentita partecipazione a questa cerimonia testimonia l’attaccamento di tutto il personale al reparto, cosa che non si riscontra sempre e dovunque. È importante ricordare queste persone che hanno dato tanto, quando sempre più spesso chi si pensiona o comunque si allontana lascia trapelare moti d’animo diversi, come se qualcuno avesse fatto loro un torto. Invece al Pugliese questa sensazione non c’è e si rimane sempre attaccati a questa realtà. È bello attraverso queste persone che non ci sono più ricordare tutto l’impegno che c’è stato. Se il Pugliese oggi è quello che è, è sicuramente grazie alle persone che l’hanno costruito e hanno reso possibile tutto questo”.

Il commissario sa bene, come sa tutto il personale del Pugliese che il momento, come disse Renzo Arbore, “è catartico”. Procopio, per dire il vero, ha parlato di “snodo fondamentale”. “Tra qualche giorno – ha continuato Procopio – con la pubblicazione del protocollo nascerà una grande azienda. Questo però non significa che finisce il Pugliese. Per un caso abbastanza strano (lo dico con un po’ di amarezza) tra le due aziende che si vanno a fondere è l’ospedale più grande che viene incorporato nella realtà più piccola. Questo però significa semplicemente aumentare e potenziare le possibilità per i cittadini calabresi e creare un’offerta sanitaria di livello ancora superiore a quella che c’è. Sono due anni e mezzo che lavoro qui al ‘Pugliese’ e mi sento veramente, forse in modo immeritato, parte del ‘Pugliese’. Questa immedesimazione mi dà la dimostrazione che non è vero quanto si racconta della sanità calabrese, che sia tutto uno sfascio, che sia tutto drammatico e terribile. Chi ha avuto la possibilità e chi viene quotidianamente al Pugliese questa sensazione non la vive. Abbiamo dato delle risposte importanti durante il periodo del Covid. Credo che la performance del Pugliese sia stata una delle migliori in assoluto in Italia, mentre tutti gli altri ospedali non hanno ricoverato e hanno bloccato tutte le attività, il ‘Pugliese’ si è organizzato in modo tale da continuare a garantire a tutti i cittadini standard di assistenza sia qualitativamente che quantitativamente significativi”.

 

“Dalla nascita della Dulbecco – ha continuato Francesco Procopio – non ci sarà sicuramente né una riduzione delle attività del Pugliese né un ridimensionamento dell’offerta assistenziale. Questo marchio distintivo che il ‘Pugliese’ ha nella città lo farà rimanere per tanto tempo, fino a quando non ci sarà un altro ospedale proprio dal punto di vista fisico, l’ospedale di Catanzaro. Questa forte immedesimazione con la città non è dovuta ad autoreferenzialità. Sono nato in provincia, di quella che era la grande provincia di Catanzaro: già 40-50 anni fa il ‘Pugliese’ era l’ospedale di riferimento dove si arrivava con speranza, era la punta di eccellenza della sanità calabrese che continua a essere. Questo Centro di qualificazione regionale dove ci troviamo – un pensiero anche all’architetto Luigi Matarese che non c’è più e che ne ha desiderato la realizzazione – è la porta d’ingresso dell’ospedale, non c’è stata nessuna personalità che ci ha visitato che non sia passata da qui accompagnata da me. E tutti hanno potuto vedere che in Calabria quando si vuole si può fare buona sanità, di livello superiore anche ad altre realtà. Non è così in tutta la Calabria, saremmo idioti a dire che va tutto bene. Questa realtà dell’intero ospedale andrà difesa. Ma non c’è bisogno di difenderla con manifestazioni o altro, perché la migliore difesa sono i suoi operatori di ogni giorno”.