Fra religiosità e tradizione popolare si rinnova la Pasqua a Catanzaro foto

Nella tradizione, ancor oggi, rientra la “scampagnata” del giorno di Pasquetta

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Il capoluogo calabro si prepara a rinnovare una delle tradizioni religiose più importanti, la Santa Pasqua. La celebrazione della Settimana Santa, che va dalla Domenica delle Palme sino al Lunedì dell’Angelo (tradizionalmente Pasquetta), resta uno dei momenti più significativi poiché ricorda la passione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo.

La Settimana Santa, dunque, avrà diversi passaggi religiosi che andranno dall’ingresso di Gesù a Gerusalemme, alla Crocifissione e, infine, all’incontro delle donne con l’Angelo.

Con la Domenica delle Palme si celebra l’ingresso di Gesù a Gerusalemme come Messia e figlio di Davide, accolto in un tripudio di palme ed è per tale ragione che in questo giorno vengono benedetti ramoscelli di ulivo e foglie di palma. Il rito della benedizione coinvolge tutte le chiese di Catanzaro, alle volte viene svolta anche nei pressi del luogo sacro, ritornando al suo interno con una breve processione per lo svolgimento della Santa Messa.

Il giorno seguente, il Lunedì Santo, viene dedicato “all’amicizia”, ricordando quando Gesù trascorse la giornata a Betania in compagnia dei suoi grandi amici, Marta, Maria e Lazzaro. Nel Martedì Santo ci sarà l’annuncio del tradimento, mentre il Mercoledì Santo verrà considerato il giorno della tristezza poiché si ricorderà il tradimento di Giuda, fu lui che tradì Gesù consegnandolo ai sommi sacerdoti in cambio di 30 denari.

Il Giovedì Santo segna invece “l’Ultima cena”. Durante il pomeriggio si darà inizio al Triduo Pasquale, ovvero il ciclo di preghiere e riti che riguardano in particolar modo i tre giorni più importanti della Pasqua che rispettivamente segnano la passione, la morte e la resurrezione. Si celebrerà la Messa in Coena Domini, riproducendo “l’Ultima Cena”, rinnovando anche la “lavanda dei piedi”, come fece Gesù con gli Apostoli, che viene rappresentata in diverse chiese della città. Al termine della Santa Messa si velano le Croci, le campane rimangono silenziose e l’Eucarestia viene posta nell’Altare della Reposizione, l’unico ad essere adorno per i fedeli. In tutte le chiese di Catanzaro gli altari vengono addobbati con lumini, fiori, paramenti e vasi con germogli di grano, quest’ultimo, seguendo l’usanza che si tramanda, viene preparato per tempo facendolo germogliare al buio per far sì che il suo colore chiaro possa perdurare. Si dà così inizio alla visita dei Sepolcri che, come da tradizione, i catanzaresi visiteranno in numero dispari.

Originariamente la consuetudine popolare induceva ad onorare almeno sette altari, numero biblico per eccellenza, più recentemente il numero venne ridotto a tre, simboleggiando la Divina Trinità. La visita dei Sepolcri è un momento religioso che coinvolge tutta la città, il centro cittadino si popola particolarmente sino a tarda notte, vivendo intensamente il “giro dei sepolcri”.

Il Venerdì Santo si ricorderà la Passione di Cristo, sarà quindi il giorno della sua morte e di conseguenza il più triste della settimana. Diversi i riti che saranno dedicati, tuttavia, la parte predominante di questa giornata sarà costituita da ciò che da tempo immemore si svolge a Catanzaro: la Naca. Brevemente si vorrà ricordare la realizzazione di questa processione che, nel tempo, ha anche subito diversi cambiamenti. Si partirà dall’etimologia del nome “Naca”, per alcuni significherebbe “culla”, provenendo il nome dal greco “nake”, che ha questo significato. Per altri, invece, potrebbe essere adducibile alla pelle di pecora, un tempo usata come completamento delle culle. La nascita della Naca non sembra avere date certe, poiché alcuni la pongono nel lontano Medioevo, altri nel 1600, tuttavia c’è da dire che, sempre in tempi antecedenti, le prime rappresentazioni si svolgevano nelle chiese, in seguito si preferì realizzarle nelle strade e nelle piazze.

La rappresentazione sacra in alcune sue prime manifestazioni vedeva solo il Cristo sulla Croce, solo successivamente venne associata la statua dell’Addolorata. C’è da dire ancora, che sino al 1937 le processioni che si svolgevano a Catanzaro erano quattro, poiché ogni confraternita aveva la sua (Confraternita dell’Immacolata, del San Giovanni, del Rosario e del Carmine), ma, sovente, apparivano quasi delle competizioni che davano luogo a discordie sulla base di chi potesse fare meglio. Fu proprio Monsignor Fiorentini che da quell’anno, diede ordine di poter svolgere solo una processione che a turno veniva affidata alle Confraternite.

Le Confraternite, che un tempo pare fossero addirittura tredici (nate intorno al ‘600), sono per la Naca determinanti. In riferimento a questo punto, lo scrittore catanzarese Gioacchino Concolino nel suo libro “Catanzaro tra storie e ricordi”, riporta quanto accadeva in passato: “Deriverebbe dall’antica seicentesca usanza degli adepti alle varie Confraternite dell’epoca, di recarsi ad omaggiare i Sepolcri la sera del Giovedì Santo. A turno sorreggevano sulla spalla una pesante Croce Penitenziale”. Ciò attualmente ancora realizzato durante la processione.

La processione della Naca consiste, dunque, nel trasportare per le vie del centro storico del capoluogo una sorta di “culla” drappeggiata in raso ove giace il Cristo morto, in genere coperto da un velo. Accanto a lui quattro angeli in adorazione portano i simboli della Passione come il calice, i chiodi e il martello e la corona di spine.

Alle spalle del Gesù Cristo la Croce, il tutto adorno di fiori e luci. A seguire la statua dell’Addolorata che, nella sua immagine di dolore (indossando un abito nero su cui si evidenzia un cuore trafitto da sette spade che simboleggiano i sette dolori della Vergine), accompagna il Figlio. A precedere la “Naca” le Confraternite che, come detto, fanno riferimento alle chiese del centro storico prima citate e da cui, a turno annuale, uscirà la Processione.

I confratelli sfileranno con il “gonfalone” e la “Croce” che li rappresenta indossando il “saio” e la mantellina del colore della Congrega. Seguono ancora il corteo i centurioni romani, i due ladroni e il Cristo con il “flagellatore”. La Processione procederà per le vie cittadine, tornando, a fine itinerario, nella chiesa da dove era uscita.

La Naca, durante il corteo, viene sorretta a spalla dai Vigili del Fuoco, un tempo, questa incombenza era in genere affidata a gente comune o a chi per qualche motivo doveva espiare dei peccati, ciò fatto partecipando ad una vera e propria “riffa”. Il passaggio della Naca nel centro storico è un momento di profonda emozione. L’incedere delle statue è ritmato dal suono dei tamburi e dalla banda musicale, segnando in maniera particolare l’immagine del Cristo con il capo ricoperto da una corona di spine e successivamente la “Naca” ove giace. Numeroso il pubblico che vi assiste in silenzio, con commozione e trasporto, ritrovando quel sentimento di fede che unisce religiosità e tradizione.

Prosegue il Sabato Santo che è il giorno del silenzio, giorno in cui si procede verso la veglia pasquale che è il clou della Settimana Santa, poiché si celebrerà la Resurrezione di Cristo. Nella Domenica di Pasqua sarà infatti celebrata la vittoria di Gesù sulla morte con la sua Resurrezione. La Pasqua vedrà la sua conclusione con il Lunedì dell’Angelo, detto comunemente Pasquetta, giorno in cui verrà ricordato l’incontro delle pie donne (Maria Maddalena, Maria di Giacomo e Salomé) con l’Angelo che annunzierà loro della Resurrezione di Gesù.

La Santa Pasqua coinvolge tutti i quartieri della città. Si vorrà ricordare come nel quartiere di Gagliano la Passione di Cristo sia molto sentita e diverse sono le rappresentazioni svolte. Lo ricorda Silvestro Bressi nel suo libro “Iconografia e Religiosità Popolare dei Catanzaresi” con ciò che veniva realizzato, come ad esempio “’A Pigghjata a Gagliano”, rappresentando proprio la cattura, “la presa” di Gesù. “Uno spettacolo affascinante – scrive Bressi – di eccezionale ampiezza che si teneva ogni sette anni e che rappresentava uno dei principali momenti di collaborazione e convivenza delle due antiche congreghe locali”. Si aggiungono ancora oggi la tradizionale “Cunfrunta” e la processione della “Via Crucis” del Venerdì Santo (Naca).

Ma le tradizioni catanzaresi che riguardano la Santa Pasqua si allargano alla festa in sé e quindi anche ai preparativi del pranzo e ai dolci, immancabili sulle tavole del capoluogo calabro. Oggi, le classiche “uova pasquali” trovano sempre la preferenza da parte dei bambini, ma anche la tradizionale pastiera e le note cuzzupe calabresi non possono proprio mancare.

Durante la Settimana Santa si preferiva (probabilmente ancora oggi) astenersi dal mangiare la carne e nel particolare giorno del “Venerdì Santo” veniva consumato il tradizionale piatto del “morzello di baccalà”. Tuttavia nel giorno di Pasqua si ritornerà alla tipica “pasta piena” e all’immancabile “tiana con agnello, patate, carciofi e piselli”. Come già accennato, le cuzzupe hanno la preferenza sui dolci da preparare, come le classiche nepitelle, oggi tutto comodamente cotto nelle proprie case. Ma, in questo contesto, si vorrà riportare uno spaccato di un tempo, relativo alla preparazione delle cuzzupe, tratto dal libro “Catanzaro MarinaStoria di un borgo antico” di Franco Riga. Nel quartiere Lido, come scrive Riga, era quasi d’obbligo da parte dei fornai cuocere nei propri forni i dolci preparati dai clienti. E, dunque, in quei giorni vi era un gran trambusto, un “via vai” di persone che portavano le “lande” (teglie di latta) con i dolci preparati, apponendo un particolare segno per distinguerle dalle altre.

Le composizioni delle cuzzupe davano sfogo alla fantasia riproducendo, ad esempio, “’a cuzzupa a forma e piscia (di pesce)”, “‘e cora” (cuore), “’e panaru” (paniere) e “numeru ottu” (numero otto). Era ancora usuale realizzarle con le iniziali del nome dei figli o guarnirle “dell’annaspro” (albume d’uovo unito allo zucchero a velo). La mattina di Pasqua veniva attesa con trepidazione da parte dei ragazzi, poiché ponevano a confronto le cuzzupe, ritenendo la propria la più bella e la più grande.

Nella tradizione, ancor oggi, rientra la “scampagnata” del giorno di Pasquetta, anche se in molti scelgono di viaggiare allontanandosi dalla routine quotidiana. Tuttavia, la “gita fuori porta” resta una consuetudine intramontabile, pranzando all’aria aperta (Sila, Pinete o mete nelle adiacenze della città) o, in preferenza, anche nei ristoranti. A riguardo della Pasquetta, si vorrà andare un po’ indietro nel tempo, quando, la “scampagnata” restava la scelta primaria. Per il classico “pic nic” di Pasquetta o Pasquone, si portava di tutto, dalla pasta al forno alle cotolette e, naturalmente, tutto ciò che ogni calabrese ritiene necessario, ovvero, soppressata, pecorino e olive, elementi primari della terra calabra. La consuetudine della Pasquetta si rifà a radici passate, quando l’equinozio di primavera rappresentava un momento da dedicare alla natura e alla fertilità della terra, entrambe importanti nella cultura calabrese. (foto: Naca 2023 a Catanzaro di Antonio Moniaci – Pasquetta anni ’60 “Archivio fotografico Franco Riga”)

 

 

 

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