Sipario su Cuore Cantastorie, tre giorni intensi: il bilancio di Francesca Prestia

Quattro chiacchiere con l'artista che anche quest'anno ha diretto la rassegna: "I cantastorie non devono dire "si padrone". Possono anche oggi dare tanto"

A sipario calato su “Cuore Cantastorie”, il festival nazionale dei cantastorie che si è chiuso qualche giorno fa a Catanzaro, rimangono almeno un paio di certezze. La prima è che Francesca Prestia veste benissimo i panni dell’artista ma anche quelli della direttrice artistica. Non capita spesso di assistere a tre giorni di musica, approfondimento, formazione così intensi.

Generico luglio 2023

In più, non s’era mai vista la storia d’amore più famosa di Catanzaro, quella tra Rachele De Nobili e Saverio Marincola, portata in scena intrecciando sapientemente le canzoni all’Opera dei Pupi siciliani. Una perfomance che sicuramente resterà a lungo nella memoria di chi vi ha assistito e, speriamo, anche in quella di chi vi assisterà in giro per l’Italia.

La seconda è che Francesca è ormai un’artista a tutto tondo. Non era facile, in quella performance, cantare e al contempo dare voce e anima, nella drammatizzazione scenica, a tre diversi personaggi femminili con ruoli assai diversi tra di loro.   

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Francesca, ora che le bocce sono ferme, cosa ti rimane di più vivo di questa seconda edizione di “Cuore cantastorie?

“Ogni momento del festival è stato fortemente significativo ed emozionante: inaugurare la mostra con accanto Lisetta Luchini (cantastorie fiorentina) e scorrere le foto dei cantastorie del XX secolo italiano in bei loro momenti nelle piazze e nelle sagre; ascoltare i racconti e i canti di Alessio Lega, la sua interpretazione di alcune canzoni di Ivan Della Mea; seguire con attenzione la ricostruzione storica di Giovanni Sole del “tarantismo”; avere il privilegio di condividere le emozioni in musica di Tonino Zurlo (cantastorie pugliese). L’apice dell’emozione l’ho vissuta l’ultima sera, durante il concerto-spettacolo dedicato a Rachele De Nobili e Saverio Marincola.

Quando dal palco ho constatato che molti cittadini catanzaresi, attirati dall’inedita formula artistica, erano accorsi curiosi, il cuore mi è salito in gola. La tensione si è però sciolta appena il quartetto di eccellenti musicisti ha iniziato a suonare i brani che, in anni di costante impegno ho composto e arrangiato appositamente per lo spettacolo. Ho girato lo sguardo verso Angelo Sicilia, puparo palermitano con il quale collaboro da anni, che mi ha abbracciato con uno sguardo rassicurante. In quel momento sono entrata nella dimensione artistica, dove esistevamo solo io, la musica e i pupi siciliani. La storia ha iniziato a fluire nel mio sangue e nella mia mente, fino al caloroso applauso finale durante il quale mi son detta: è andato tutto molto bene! Puoi esserne fiera!”

C’è un mondo che corre, anche nella musica, che spesso macina l’arte come se fosse un qualunque bene di consumo. Come si fa a tenere viva la tradizione dei cantastorie, che sembra andare invece in direzione diametralmente opposta?

“Come ci ha detto e ripetuto più volte Tonino Zurlo, con la sua voce emozionante, cantastorie si nasce. Questa tensione è dentro di noi, non ci lascia mai. Noi non apparteniamo al mondo musicale che ci circonda e quindi non ci può macinare. Chi in passato o oggi si lascia allettare da quelle luci e da quei palcoscenici, da quella filosofia e da quei portafogli, si sveste dall’abito semplice e genuino del cantastorie, vende il suo libero spirito critico alle richieste del mercato. Quindi non è più un cantastorie, è altro.

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Perché sono ancora importanti i cantastorie. Cosa possono dare o insegnare oggi?

“Sono importanti perché sono artisti autentici, genuini, naturali, veri. Non devono dire ”si padrone” a nessuno.  Possono cuntare e cantare contro i dominatori del mondo e il capitalismo, contro le ingiustizie e le sopraffazioni, contro le mafie e le violenze. Si schierano, per istintiva attrazione, dalla parte degli ultimi e cercano di dargli voce in questo mondo di sordi e distratti, egoisti e indifferenti. Non cercano maschere. Non vogliono sembrare migliori di quello che sono. Vogliono raccontare quello che i loro occhi vedono, che il loro cuore sente, che la loro mente pensa. Sono semplicemente artisti che cuntano e cantano, artisti che usano la parola e la musica per parlare al mondo”.

I protagonisti del Festival sono giunti da diverse province Calabresi ma anche da altre regioni italiane. Perché hai voluto che il Festival fosse anche un crocevia?

“Cuore Cantastorie nasce con questo intento: fare incontrare i cantastorie di tutta la Calabria e di tutta Italia e chissà in futuro del mondo. Ogni cantastorie ha una sua modalità e un stile unico, conoscerlo ed ascoltarlo è per tutti noi arricchente. Ogni cantastorie è un ulteriore punto di vista della realtà, è una riflessione vivente diversa dalle altre, è una singolare sensibilità pulsante. Per noi la diversità è ricchezza. Incontrarci e sapere che ogni anno ci potremo incontrare a Catanzaro, sta diventando una “eccezionale certezza” di scambio e arricchimento reciproco”.

E per chi non c’è stato?

“Lo staff del festival ha pensato anche a chi non c’è stato e a chi non ha potuto partecipare. E’ stato creato un sito cuorecantastorie.it nel quale sono stati caricati tutti i documenti delle mostre, i video dei convegni nazionali, dei laboratori e delle presentazioni dei libri, le foto e le registrazioni di tutti momenti e dei concerti. In qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, chiunque potrà usufruire di questo archivio on line”.

L’inevitabile domanda finale: cosa bolle in pentola per il futuro della cantastorie e della direttora?

“Le cose in pentola sono, come sempre, tante. L’entusiasmo e la creatività non mi mancano, anzi devo tenerle a bada. E lo staff che mi circonda spesso deve riportarmi con i piedi per terra. Cosa stiamo già programmando per il futuro? Cuore Cantastorie… a Natale! Sempre a Catanzaro con i suoni delle nostre zampogne, pipite, chitarre battenti, i cunti e i canti natalizi calabresi e di altre parti d’Italia. A prestissimo!”

Marcello Barillà