Al Politeama BrechtDance di Elena Gigliotti e Daniela Vitale: un viaggio fisico ed emotivo nella solitudine

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Storie di vite condannate alla solitudine che trovano nell’amore la forma più pura di libertà e di riscatto. C’è solo una performer a riempire il palco del Politeama per “BrechtDance”, lo spettacolo proposto ieri sera nell’ambito del progetto PRO.S.A. che vede la Fondazione Politeama partner con Teatro del Grillo e Dracma, in un percorso di rete tra teatri a sostegno delle compagnie e degli artisti sul territorio.

A muoversi in scena è Daniela Vitale che raccoglie egregiamente la sfida di mettere a disposizione il proprio corpo come strumento espressivo di indagine e di interpretazione emotiva. Il lavoro diretto da Elena Gigliotti e scritto insieme alla stessa Vitale – per entrambe un emozionante ritorno a casa – prende forma da alcune interviste che trasportano il reale nella finzione drammaturgica, attraverso voci e volti di persone che vivono sulla propria pelle la dimensione della sofferenza.

Brecht al Politeama

Stati d’animo differenti dettati dalla malattia, dalla disabilità, dall’ingenuità infantile così come dall’impotenza senile, che si susseguono come brevi quadri, vengono mostrati senza filtri e rivissuti interiormente e fisicamente dall’interprete che accompagna lo spettatore in un viaggio destinato a colpire il cuore e la mente. C’è tutta la paura e la rassegnazione di persone abbandonate a loro stesse, non sempre per responsabilità altrui, e dal cui pensiero emergono verità dolorose ed ingombranti, che è più facile rimuovere piuttosto che ascoltare.

Dietro al lavoro di ricerca del duo Gigliotti-Vitale c’è un approccio ideologico che si fa politico, anche nella rilettura di un’attualità che è già storia, come la pandemia e i suoi effetti su un mondo rimasto imprigionato nelle logiche del capitalismo. Oltre i versi di Brecht, ci sono anche racconti e ricordi dell’intimità, come quelli di una tenera nonna che non c’è più, la cui voce riemerge come una luce nell’oscurità, con una funzione terapeutica, tra le suggestioni malinconiche del tempo trascorso.

La paura scompare, alla fine, nel conforto dell’amore, che lega in un ideale intreccio tutte le vite scandagliate sul palco, tra le emozioni di un vecchio filmino di famiglia dove potersi rifugiare. La speranza ha il volto di una bambina che si materializza sul palco per consegnare in dono una bandiera della Palestina. Ancora una volta, il teatro si fa palcoscenico del reale.

Brecht al Politeama

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