Da Catanzaro all’Olanda per occuparsi di coste e sostenibilità

Quattro chiacchiere con Irene Colosimo ingegnere 'emigrata della nuova era. 'Un consiglio ai catanzaresi? Viaggiate più che potete' LA SUA STORIA UNA 'BUONA NOTIZIA' DEL CORRIERE DELLA SERA

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    di Alessia Burdino

    La “buona notizia” del Corriere della Sera. Cinque generazioni di ingegneri. Una grande passione. Uno straordinario talento. E’ Irene Colosimo, la giovane catanzarese che si occupa dello sviluppo di metodi sostenibili per la gestione costiera in Olanda. Insieme ad uno staff di biologici ed ecologi, Irene cerca di verificare le interazioni della natura tra terra e mare. Unica italiana del gruppo di lavoro studia le alte maree in posti considerati patrimonio dell’Unesco.

    Irene, la donna delle maree. Ci dice chi è?

    “La donna delle Maree” è un appellativo da titolo di fumetto, simpaticamente scelto dall’autore. Sono una ricercatrice nell’ambito dell’idraulica costiera. Mi occupo dello sviluppo di metodi sostenibili per la gestione costiera in Olanda, dove il moto mareale ha un’influenza primaria sul trasporto dei sedimenti (da cui il titolo). Lavoro per il Progetto “Mud Motor” tramite il quale riutilizziamo sedimenti fangosi (“mud” vuol dire “fango”) per innalzare il livello della costa rispetto al mare. In tal modo sviluppiamo vegetazione lungo la costa. La vegetazione forma un “cuscinetto” tra mare e terra, dissipando l’energia delle onde e delle maree, e dunque migliorando la protezione dei comuni limitrofi alla costa in caso di mareggiate. Il cambio climatico sta causando l’innalzamento del livello medio marino e inoltre i fenomeni estremi, come le mareggiate, sono sempre piu frequenti ed intensi. In tale scenario, lo studio e la sperimentazione di metodi sostenibili per il miglioramento della resilienza delle aree costiere, è di primaria importanza”.

    Come è arrivata a diventare la donna delle maree?

    “Vuole dire “come sono arrivata ad essere ricercatrice alla Delft University of Technology”? Ho lasciato Catanzaro a 18 anni e ho intrapreso gli studi di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio presso l’ Università degli Studi di Bologna. La  docente di idraulica, Barbara Zanuttigh, una famosa ricercatrice pluri-premiata in ambito internazionale, mi consigliò di fare la tesi della Laurea Triennale in Idraulica Marittima presso la Aalborg University (Danimarca), un centro di eccellenza in Europa per lo studio dei dispositivi per la conversione di energia da onda. Durante questa esperienza all’estero ho deciso di programmare la mia successiva avventura, in un’altra università europea. Mi piaceva l’idea di studiare in diversi paesi perché avevo capito che ognuno ha il suo approccio allo studio e alla ricerca: in ogni paese c’è qualcosa di diverso da imparare non solo nei contenuti ma anche nella metodologia. Dunque ho deciso di trascorrere uno dei due anni della Laurea Magistrale a Santander (Spagna). Ho svolto una tesi sperimentale  presso l’ “Instituto de Hydraulica Ambiental de Cantabria” su dispositivi di ancoraggio per piattaforme oceaniche offshore per la produzione di energia eolica. Ho avuto la fortuna di essere supervisionata da Pedro Lomonaco, oggi direttore del Hinsdale Wave Research  Laboratory della Oregon State University (USA). Un bellissimo progetto che mi ha permesso di osservare, da studentessa, il lavoro dei dottorandi che portavano avanti le loro ricerche. Così, una volta conseguita la laurea a Bologna (con 110 e lode ^_^), nonché l’esame di Stato, ho deciso di partecipare a diversi bandi di dottorato in vari paesi europei. Ho avuto la possibilità di scegliere tra Inghilterra, Belgio, Danimarca e Olanda. Ho scelto quest’ultima perché il tema era diverso da quello delle mie  due tesi di laurea. Avevo deciso di allargare gli orizzonti e di cambiare tema di ricerca, lasciando aperte le porte per futuri lavori nell’ambito delle rinnovabili. Cosi mi sono occupata negli ultimi quattro anni del Mud Motor Project. Sentivo che era un tema che poteva avvicinarmi molto alle problematiche di gestione delle coste italiane”.

    Si è definita un’ emigrata della nuova era. Cosa vuol dire?

    “Mi sono sentita di condividere questo traguardo con gli altri (moltissimi) giovani che come me hanno trovato opportunità di lavoro e di crescita lontano da casa. Per alcuni non è una scelta lasciare l’Italia, per altri lo è. Perché conoscere altre culture ed altre realtà lavorative è fonte di grande crescita. Molti di noi hanno voglia di tornare e di portare con sé quello che hanno imparato. Altri hanno voglia di restare fuori perché stanno bene e si sentono cittadini europei o del mondo, più che italiani. Altri ancora tornerebbero ma hanno paura di farlo perché obiettivamente, visti gli scenari, ci vuole parecchio coraggio. D’altronde siamo diventati “umani allo stato fluido”, ci adattiamo ovunque (e bene), raggiungiamo grandi obbiettivi pur trovandoci in contesti culturali molto diversi. Credo che noi, italiano all’estero, sappiamo farci valere”.

    È, inoltre, la rappresentante della quinta generazione di ingegneri della sua famiglia, una bella responsabilità?
    “Essere la quinta generazione di ingegneri della mia famiglia è un bel risultato. E’ affascinante pensare che in qualche modo la stessa scelta si ripete da cinque generazioni. Sono stata libera nelle mie scelte, nessuno me lo ha imposto, anzi, volevo diventare una fisica e avevo il competo appoggio dei miei cari. Poi ho cambiato idea, mi affascinava troppo l’idea di essere un ingegnere impegnato nella protezione dell’ambiente. Sinceramente no, non la vivo come una responsabilità’, e mi sento libera, anche di sbagliare. Ci tengo a sottolineare che il fatto di avere quattro generazioni di ingegneri alle spalle non dà assolutamente più prestigio rispetto ad un ingegnere che svolge la professione con altrettanta passione e dedizione, e che ha una storia familiare differente”. 

     

    Quali sono le prossime sfide del suo futuro?

    “La mia prossima sfida è capire esattamente in cosa impegnarmi quando completerò la mia tesi di Dottorato. E soprattutto dove. Ho delle idee ma non sono ancora dei progetti”.

    Che consiglio si sente di dare ai calabresi e ai catanzaresi, in particolare?           
    “Ai calabresi consiglio di viaggiare molto, perché si possano rendere conto di quanto è bella la nostra terra. Personalmente, più viaggio, più mi rendo conto del paradiso che abbiamo in mano. Ho conosciuto molti calabresi impegnati su progetti seri e concreti per la salvaguardia dell’ambiente, a loro chiedo, di cuore, di continuare a fare il lavoro incredibile che stanno svolgendo, nonostante le difficoltà. Credo che sia fondamentale che in Calabria si sviluppi più consapevolezza del bello che c’è, perché serve più Amore per proteggerla al meglio. Bastano dei piccoli gesti.  Credo che una delle cose più importanti, per un futuro migliore, è trasmettere ai bambini, in casa e nelle scuole, l’importanza e il valore dell’Ambiente che ci circonda. Bisogna prendersene cura”.

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